Un recente studio condotto dall’ospedale Fatebenefratelli di Roma ha trovato tracce mai riscontrate prima della presenza di microplastiche nella placenta di alcune donne. Finora, gli studi delle microplastiche si erano concentrati su ambienti oceanici ma ora la ricerca monitora la loro presenza in ambienti terrestri e nel corpo umano.
Che cosa sono le microplastiche negli alimenti? Sono tanti frammenti microscopici di plastica che assumiamo attraverso acqua e cibo: in media, secondo le stime, ogni anno ingeriamo 250 grammi di microplastiche, l’equivalente di una carta di credito.
Nei mari inquinati, gli animali si nutrono di plastica che scambiano per cibo. Attraverso la catena alimentare, la plastica ingerita dai pesci può arrivare direttamente nel nostro cibo; sostanze che non possono essere rimosse.
La contaminazione da microplastiche negli alimenti impatta sempre di più sulla sicurezza alimentare. E può essere considerato un pericolo per la salute umanacome ci spiega https://www.sistemieconsulenze.it/malattie-di-origine-alimentare/, alla stregua di altre tipologie di patologie derivanti dagli alimenti. Quali sono gli effetti di questi inquinanti sul nostro organismo? Cosa fare?
Che cosa sono le microplastiche negli alimenti
Le microplastiche sono microscopiche particelle (nanoparticelle) che si formano dalla degradazione dei materiali plastici. La presenza di microplastiche non rappresenta un problema solo ambientale: penetrano nella catena alimentare, nelle piante, negli animali e nel tratto digerente dell’uomo. Le microplastiche si trovano ovunque, dalle acque marine all’intestino umano.
Secondo la stima risultante da uno studio condotto nell’Università canadese della British Columbia, una persona adulta assorbe in media 100.000 nanoparticelle di plastica ogni anno inalando l’aria ma, soprattutto, per ingestione (acqua, cibo in generale, non solo pesce o frutti di mare).
Le microplastiche potrebbero alterare anche il suolo ed incidere negativamente sulla crescita delle piante (che le assorbono dalle acque reflue) e sulla biodiversità. Quest’ultimo è un campo di ricerca ancora nuovo.
Gli effetti delle microplastiche sulla salute umana
Trattandosi di frammenti minuscoli, è impossibile bloccare questi inquinanti con i sistemi di filtrazione dell’acqua. Si diffondono a causa del loro impiego estensivo in bottiglie, confezioni alimentari, cosmetici, vernici, gomme per auto, tessuti sintetici, ecc.
Queste nanoparticelle possono funzionare da veicoli di contaminanti e prodotti chimici (metalli tossici, ftalati, bisfenolo A, ecc.) aggiunti in fase di fabbricazione. Le sostanze chimiche aggiunte, penetrando la superficie delle microplastiche, possono agire da substrati e, attraverso l’ingerimento, penetrare nei tessuti animali. Le conseguenze sono ancora sconosciute ma non per questo meno preoccupanti.
Pur non essendo ancora del tutto chiari, i principali effetti delle microplastiche sulla salute umana sono:
- stato di infiammazione cronica in quanto il sistema immunitario le riconosce come corpo estraneo;
- capacità di queste nanoparticelle di agire da vettori di altre sostanze potenzialmente tossiche se col tempo si accumulano nell’organismo. Spesso la plastica contiene additivi, sostanze chimiche tossiche potenzialmente dannose per l’uomo come per gli animali;
- stress ossidativo.
Da verificare, ad oggi, gli effetti a lungo termine delle microplastiche sulla salute.
Le informazioni attualmente a disposizione sugli effetti negativi delle microplastiche sono ancora frammentarie, scarse.
Microplastiche negli alimenti: report e iniziative
A giugno 2016, l’EFSA (European Food Safety Authority) ha pubblicato un rapporto sulla presenza di microplastiche negli alimenti, in particolare nei prodotti ittici. Si tratta di un fenomeno complesso, il tema è ancora in fase di studio.
La contaminazione negli alimenti può essere trovata in pesci e molluschi, sale, acqua di rubinetto e in bottiglia. Alimenti di largo consumo tanto che secondo la Commissione Europea le microplastiche fanno già parte della catena alimentare umana.
UNEP (il Programma Ambientale delle Nazioni Unite) ha riportato che, ogni anno, vengono rilasciate nell’oceano oltre 8 milioni di tonnellate di plastica.
Nel 2015, il Parlamento europeo ha votato a favore di una restrizione dei sacchetti di plastica in Europa.
Nel 2015, l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama siglò il Microbeads-Free Waters Act, un regolamento che vietava l’impiego di micro sfere nei cosmetici con risciacquo.
Contaminazione da microplastiche: cosa fare?
Ad oggi, l’unica soluzione per contrastare la contaminazione da microplastiche è ridurre il problema alla fonte diminuendo l’impiego quotidiano di plastica. Per fare questo, occorre coinvolgere l’intera società, aziende ed organismi di regolamentazione.
A livello legislativo, non esistono norme specifiche internazionali per tutelare la salute dei consumatori contro le nanoparticelle di plastica che contaminano i cibi. Mancano oltretutto strategie per monitorare e bloccare lo sviluppo di questo pericolo che riguarda tutti.
L’unica soluzione, per ora, resta quella di mitigare la contaminazione nei cibi e nell’ecosistema. Bisogna non solo impedire che la situazione peggiori ma impegnarci per ridurre il più possibile il problema per proteggere la catena alimentare e la nostra salute.
In particolare, il WWF ha lanciato una petizione richiedendo che, entro il 2030, venga adottato urgentemente un regolamento sottoscritto da tutti i Paesi per bloccare la contaminazione da plastica.
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